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S.
Quirico d’Orcia è un antico borgo medievale in terra senese,
posto in posizione strategica fra Roma e Firenze, sulle alture
che separano la val d’Orcia dalla valle dell’Asso lungo la
via Francigena. Fu per lungo tempo sotto il dominio di Siena,
che ne ampliò a più riprese la cinta muraria. Il paese conserva
la struttura urbanistica medievale, |
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articolata intorno all’antico Castrum ed al borgo di
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S.
Maria, poi unificati dai senesi in un unico agglomerato fortificato.
Nel cuore dell’antico borgo murato si trovano i cosiddetti
“Horti Leonini” voluti da Diomede Leoni intorno al 1581,
nei quali si celebra il tema dell’ospitalità: il giardino era infatti
aperto ai viaggiatori ed ai pellegrini che percorrevano la strada
che da Roma portava a Siena e Firenze. A questo tema inneggiano alcune
iscrizioni murate alludenti al riposo dopo il faticoso cammino ed
al giardino visto come luogo di primavera eterna “Hic ver assiduum”,
da contrapporsi alle difficoltà della vita cittadina.
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Il
Leoni aveva ricevuto in dono dal Granduca di Toscana il terreno
sul quale realizzò il giardino, a riconoscimento da un lato
dell’intento filantropico dell’opera e dall’altro del lavoro
di riqualificazione di una zona degradata lungo le mura cittadine, come
scrive il Verdiani Bandi: “(..) il detto Diomede Leoni
fu il primo che diede principio a restaurare le |
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ruine
et far alcuni suoi Orti chiamati Leonini, che |
tornano
ad ornato di quel luogo dove esso è nato et a qualche comodità ancora
delli viandanti (..)”. Gli Horti
Leonini sorgono infatti in uno spazio irregolare addossato alle mura
quattrocentesche del borgo e comprendono diversi manufatti, fra i
quali si poteva annoverare una torre medievale distrutta dai tedeschi
nel 1944.
Da una lettera del governatore di Siena al granduca Francesco I datata
8 novembre 1581 si apprende che al Leoni era concesso di poter “(..)
appoggiare alle mura e di poter fare un corridore sopra di quelle,
coperto o scoperto per lo spazio che cingono et abbracciano detti
suoi horti, che concedendoseli non può non tornare si non a utile
e preservatione delle dette mura (..) e di già d.o ms. Diomede
ha ottenuto dall’alt.za V.S. (..) di poter fare in dette mura
quattro finestre e una porticciola (..)”,
costruire cioè un camminamento rialzato che permettesse di ammirare
dall’alto il giardino ed il panorama sulla vicina val d’Orcia, ed
aprire nelle mura delle finestre ed una porta che collegassero la
sua residenza al giardino stesso.
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Gli Horti Leonini, pur ricalcando lo schema rinascimentale
nella loro divisione in giardino formale e selvatico,
presentano diverse caratteristiche che li rendono unici nel
loro genere: da un lato la mancanza di un rapporto diretto
con l’edificato (non nascono infatti come spazio verde annesso
ad un palazzo) e dall’altra il disegno |
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inconsueto ad esagono degli spartimenti |
geometrici, separati da percorsi a raggera, che ben
si adatta all’irregolarità dell’area. Questo giardino, che costituisce un piccolo ma originale
microcosmo denso di significati letterari ed artistici, da molti anni
ospita interessanti mostre di arte contemporanea ‘open air’,
ad ulteriore riprova dello stretto connubio esistente fra Arte e Natura
che travalica il tempo e lo spazio. Qui hanno esposto alcuni dei più importanti artisti
italiani e stranieri, da Pomodoro a Cascella, da Sinisca a Somaini,
ma anche Laurenz Metzler, Matthew Spender e, più recentemente, il
berlinese Topaz.
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A pochi chilometri da S. Quirico troviamo Pienza, cittadella
quattrocentesca voluta da papa Pio II, Enea Silvio Piccolomini
(Corsignano 1405-Ancona 1464) il quale, durante un viaggio
in terra natia, concepì l’ambizioso progetto di trasformare
secondo i principi albertiani l’antico borgo fortificato di
Corsignano in una città-modello rinascimentale. Il |
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progetto fu affidato ad un giovane architetto |
fiorentino, Bernardo Rossellino, che elaborò un progetto
armonioso ed equilibrato, capace di innestare la nuova concezione
spaziale -imperniata su un lungo asse longitudinale (l’attuale corso
Rossellino)- nel preesistente tessuto urbano medievale. Fulcro
della città ideale voluta da Enea Silvio Piccolomini è l’attuale piazza
Pio II, sulla quale si apre l’imponente mole di palazzo Piccolomini,
progettato anch’esso dal Rossellino su ispirazione di palazzo Rucellai
a Firenze. A pianta quadrata, con rivestimento a bugnato, presenta
un elegante prospetto frontale articolato in bifore e lesene; internamente
troviamo un luminoso cortile a pianta quadrata dal quale si accede
ad piccolo giardino pensile che esemplifica mirabilmente il modello
tipologico del giardino murato quattrocentesco. Nel giardino -posto
a cerniera fra architettura e natura- è presente una importante innovazione,
ed è l’apertura sul paesaggio circostante, elemento questo che caratterizzerà
da questo momento in poi -in maniera significativa- il giardino rinascimentale.
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Si tratta, come già accennato, di un giardino pensile:
dietro il palazzo non c’era infatti spazio sufficiente, data
l’irregolarità del fondo e la vicinanza del pendio. Fu quindi
necessario erigere una sottostruttura a due piani, con grandi
volte in muratura sulle quali fu riportato il terreno, poi
opportunamente modellato. Dell’ardita opera |
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ingegneristica parla lo stesso papa Pio II nel suo |
“Commentarii rerum memorabilium”: “(..)
Oltre i portici e le cucine c’è uno spazio di terra
(..) tanto grande quanto quello occupato dal palazzo: di questo
spazio si volle fare un giardino. Ma il suolo era ineguale ed in forte
pendenza; si sono costruiti perciò dei muri di grande spessore fin
dalla base dello scoglio e sopra dei pilastri di pietre e mattoni
sono state tirate delle volte per formare delle stalle capaci di 100
cavalli e officine di maniscalco. Quindi dopo un vuoto di circa 12
piedi, furono aggiunte sopra altre volte e sopra a queste fu ammucchiata
la terra in modo da avere un suolo piano e un orto pensile adatto
per le viti e altri alberi (..)”. Il giardino -il cui aspetto attuale è dovuto ai restauri
d’inizio Novecento- all’epoca ospitava quindi alberi da frutto, ed
era ornato da sedute in pietra e ‘pinnacoli colorati’, come
ricorda ancora il Piccolomini. Sul fondo -oggi chiuso da un muro con
tre finestre- il giardino era deliminato da un semplice parapetto,
che consentiva la continuità visiva con la vallata sottostante.
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Il tema del paesaggio e del Rinascimento è ripreso anche
in altro importante giardino, quello di villa la Foce a Chianciano
terme, posto sul crinale di un poggio fra i rilievi che fanno
da spartiacque tra la Val d’Orcia e la Valdichiana. Qui il
paesaggista inglese Cecil R. Pinsent creò, fra il 1927 ed
il 1939, uno stupendo giardino ispirato ai temi del giardino
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formale italiano che aveva avuto nel periodo |
rinascimentale e barocco le sue massime espressioni. I proprietari,
la nobildonna inglese Iris Origo ed il marito Antonio, negli anni
Venti avevano acquistato una vasta proprietà in stato di abbandono,
immersa nel paesaggio brullo e selvaggio delle crete senesi, con una
residenza quattrocentesca, già ostello dell’Ospedale di S. Maria della
Scala per i viandanti ed i pellegrini che percorrevano la via Francigena.
Iris Origo, cresciuta fra l’Inghilterra e le colline fiorentine (la
madre era infatti proprietaria della magnifica villa Medici e Fiesole),
volle con forza e con tenacia il recupero della proprietà: “(..) A
un tratto mi invase una terribile nostalgia del nitido e dolce paesaggio
fiorentino della mia infanzia o dei verdi campi, dei grandi alberi
d’Inghilterra; e più di tutto il desiderio di una bella casa con giardino
cui tornare la sera. Sentivo il paesaggio circostante alieno, disumano,
creato su una scala adatta a semidei o a giganti, non a noi (..)”.
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Pinsent ristrutturò la villa, creò una bella limonaia
ed altri annessi; diede poi vita al progetto degli spazi esterni,
dove seppe mirabilmente sfruttare e valorizzare la morfologia
del terreno. Il giardino è articolato in una serie di ‘camere
verdi’ incernierate l’una con l’altra in modo tale intravederne
la successiva, così da spingere il visitatore nel |
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proseguo della visita. Dal primo giardino formale, |
creato nel ’27, tramite uno stretto passaggio segnato
da due pilastri ornati da vasi baccellati, si passa al giardino dei
limoni realizzato sei anni più tardi e caratterizzato da forme topiarie
e belle fioriture. Questo giardino si conclude con una terrazza “(..)
dove cenavamo nelle sere estive -ricorda la Origo- prima
del raccolto, con tutto il giardino scintillante di lucciole e l’aria
profumata di Nicotiana e gelsomino (..)”.
Da questo si accede poi al giardino inferiore, dalla
inconsueta forma triangolare, cui si accede tramite un monumentale
scalone in travertino di Rapolano. Attraverso un lungo pergolato di
glicine -al di là del quale si stende un giardino di rose- si arriva
ad una piazzola panoramica, dal quale è possibile ammirare in lontananza
il curvilineo viale di cipressi fatto piantare dalla Origo in omaggio
alla pittura senese quattrocentesca.
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